
CASA EDITRICE: Il Saggiatore
ANNO DI PUBBLICAZIONE: 2019
PREZZO DEL CARTACEO: €16,00
PAGINE: 177
“Credo fermamente che un elogio della rabbia sia la cosa migliore che si possa scrivere in questo periodo. Che l’odio, il razzismo, il fascismo che ci circondano abbiano come causa proprio una mancata educazione a questo sentimento, una degenerazione della nostra ira, privata e sociale.”
In questa sua dissertazione, La Porta si scaglia contro l’ambiguità e ipocrisia della società e del web dei giorni nostri, contro quei leoni da tastiera che con una mano condividono cesti di gattini teneri e appena nati, e con l’altra augurano alle donne di venire stuprate o a un migrante di morire affogato. Secondo La Porta, tutto questo odio non è dettato dalla rabbia, bensì da altri fattori. Uno tra tutti l’amore, insieme a tutti quegli insegnamenti che ci sono stati – a fin di bene – inculcati ma che ci hanno portato ad amare troppo ciò che è “nostro” e chiudendoci al diverso (es: amo il mio paese e lo difendo dagli stranieri e immigrati). Secondo questo “troppo amore”, inoltre, per quieto vivere dovremmo sempre essere pazienti e morderci la lingua trattenendo l’impulso di dire la nostra, censurando l’ira “giusta e pura” e somatizzando così tutta l’energia che invece avrebbe potuto portare al confronto immediato, alla verità, alla giustizia ristabilita. Meglio una grossa litigata con urla, scatti di rabbia e sfoghi sinceri che portano poi ad un ordine e ad una pace veritieri, invece di un “signorsì” falso e perbenista pronunciato digrignando i denti, soffocando i propri sentimenti e generando rancori, ferocia, odio cieco e rabbia negativa e corrosiva.
“Deve esserci un modo migliore di vivere, che renda la nostra rabbia uno strumento utile al mondo, così com’era in origine, in altre civiltà, in periodi migliori. […] Se vogliamo alleviare il nodo che ci sveglia ogni mattina, dobbiamo avere cura della nostra rabbia”.
È un punto di vista audace, provocatorio e interessante perché, capitolo dopo capitolo, tenta di ribaltare l’idea ormai fossilizzata della rabbia come sentimento negativo da circoscrivere e trattenere.
“Ogni volta che il mondo si è richiuso su sé stesso […] è stata la nostra rabbia migliore a tirarci fuori dalla caverna in cui ci eravamo infilati; sono stati gli scrittori clandestini infuriati davanti allo scempio della verità […], sono stati i cittadini che hanno rifiutato la tessera del partito unico, hanno nascosto gli inermi, si sono fatti uccidere per non chinare la testa.”
Quello che La Porta vuole dirci è che la rabbia dovrebbe essere coltivata e veicolata, che i nostri avi ci avrebbero dovuto insegnare a gestire un’ira salutare che porta alla giustizia, alla libertà e alla pace, una tempesta che genera la quiete in una maniera sana ed equilibrata.
“Per arginare l’odio è necessario imparare a coltivare la nostra rabbia.”
Uno degli esempi lampanti e perfetti di questa tesi è Gesù di Nazareth, che La Porta definisce come “un uomo coraggioso e pieno di rabbia, che odiava gli ipocriti e non aveva paura di sfidare il potere. […] Anche se non era certamente un uomo mansueto, è lui ad averci insegnato l’amore a ogni costo.”
“Elogio della rabbia” si è rivelato un saggio stimolante e gradevole, un breve trattato che, in maniera appassionata, cerca di spronare noi lettori aiutandoci a superare alcuni limiti mentali a favore di un equilibrio con gli altri e, soprattutto, con noi stessi.
Consigliato!
In collaborazione con Il Saggiatore.