
CASA EDITRICE: Feltrinelli Editore
ANNO DI PUBBLICAZIONE: 2020
PREZZO DEL CARTACEO: €16,50
PAGINE: 189
TRADUZIONE: G. Guerzoni
“Magda era il nome di un personaggio importante, con un passato misterioso, quasi esotico.”
Vesta è un’anziana vedova che si trasferisce con il suo cane Charlie in una casa nel bosco, poco lontano da un paese chiamato Levant, nel Maine. Durante una passeggiata trova un’ordinata composizione di sassi che contorna un foglio di carta a righe su cui, con una bella ma impersonale calligrafia, c’è scritto in blu: “Si chiamava Magda. Nessuno saprà mai chi è stato. Non l’ho uccisa io. Qui giace il suo cadavere.”
La donna, inevitabilmente, comincia a fare congetture. Chi ha scritto il biglietto? Chi era Magda? È tutto uno scherzo? Un’invenzione di qualche ragazzino annoiato?
Vesta si improvvisa investigatrice e tenta di ricostruire la possibile storia della vittima, le persone a lei legate, il movente. Quando, incredibilmente, le sue ipotesi sembrano prendere vita, diventa lapalissiano che qualcosa non quadra…
Ovviamente non ci troviamo di fronte a un mero thriller. Il mistero da risolvere c’è, la tensione anche, ma si va ben oltre la semplice trama (che comunque tiene incollati alle pagine). Chi ha letto Il mio anno di riposo e oblio sa ormai che la Moshfegh, con elucubrazioni, ironia, sarcasmo e perspicacia, porta a scandagliare un livello profondo dell’animo umano. La giovane autrice costruisce un libro basandosi sulle meticolose meditazioni e riflessioni esistenziali della protagonista scaturite dalle quattro frasi sul biglietto. Perché ciò che conta non è la soluzione del mistero, ma il viaggio fatto per arrivarci, le vie imprevedibili prese dalla mente di Vesta a partire da poche righe scritte su un foglio di carta.
“È strano quello che la mente può fare, molto strano. […] Di chi era la mente che stava lavorando ora, che rifletteva sul messaggio, immaginava, dibatteva e ricordava mentre scendevo per il sentiero tra le betulle?”
Donna esteriormente tranquilla e pacata, Vesta cela una fervida immaginazione e una mente capace di lasciarsi andare a un turbinio di idee e associazioni a dir poco eccezionali. Il libro, insomma, è un lungo flusso di coscienza dal quale riprendiamo fiato solo tra un capitolo e l’altro.
C’è in lontananza un richiamo alla protagonista di Il mio anno di riposo e oblio, che fugge intenzionalmente dalla sua vita perfetta ma vuota attraverso studiati cocktail di farmaci che la inducono in uno stato di ibernazione, in modo da azzerare dolori e emozioni. Anche Vesta decide di isolarsi, forse per ritrovare sé stessa, forse per riallineare un teorico equilibrio venuto a mancare con la morte del marito Walter. Da sempre la donna si sente “fragile”, spesso in procinto di svenire a causa della pressione bassa o della troppa ansia. Anche la ragazza senza nome del precedente libro della Moshfegh diceva di avere “i nervi fragili”.
“Era facile, pensai, affezionarsi alle vittime, erano l’emblema di un potenziale svanito. Non c’era nulla di più straziante di un’occasione sprecata, un’opportunità mancata. Ero stata giovane un tempo, conoscevo bene queste cose. Molti dei miei sogni erano stati infranti, ma li avevo distrutti io stessa.”
Pagina dopo pagina, pensiero dopo pensiero, Vesta rivela un passato fatto di oppressioni, manipolazioni e violenze psicologiche, un background che, inevitabilmente, ha ripercussioni sul presente…
“Ero stata tenuta in ostaggio per tutto questo tempo, pensai. Ora ero libera. Ora potevo lasciarmi andare.”
Basta, non aggiungo altro. Non voglio rivelare troppo.
Consigliato!!!
In collaborazione con Feltrinelli Editore.