CASA EDITRICE: ELLIOT
ANNO DI PUBBLICAZIONE: 2017
PREZZO DEL CARTACEO: € 17,50
PAGINE: 312
TRADUZIONE: GABRIELE RUGGERO
In questo appassionante romanzo epistolare del 1910 (sullo stampo di Dracula), Stoker dà vita al personaggio di Rupert St Leger. Come da clausola testamentaria, costui può ottenere la cospicua eredità dello zio solo dopo aver abitato per almeno un anno nel Castello di Vissarion, nella regione delle Montagne Azzurre, una terra divisa da lotte intestine che necessita di una guida, un leader che sappia arginare i sanguinosi conflitti. A questa dimensione storica e politica si aggiunge il (presunto) elemento sovrannaturale quando, nella vita del coraggioso, romantico ed appassionato Rupert, fa la sua comparsa una misteriosa, sfuggente ed eterea donna, il cui volto è celato da un sudario.
Se avessi letto questo libro ai tempi dell’università, lo avrei senz’altro citato nella mia tesi in Letteratura spagnola, in cui ho analizzato la leyenda “La ondina del lago azul” della poco conosciuta scrittrice cubana Gertrudis Gómez de Avellaneda, messa poi a confronto con un altro racconto fantastico dello spagnolo Gustavo Adolfo Bécquer, “Los ojos verdes”.
Cosa c’entra Stoker con questi due autori dell’epoca romantica? Apparentemente nulla. Leggendo però “La dama del sudario” non ho potuto fare a meno di scorgervi numerosi punti in comune con le due storie trattate nella mia tesi e ciò mi fa credere che Stoker abbia preso spunto dalle leggende della Avellaneda e di Bécquer e da tutto il filone narrativo che c’è dietro.
Mi spiego.
Sia ne “La ondina del lago azul” sia ne “Los ojos verdes” vediamo, in un’ambientazione più o meno vaga, nebulosa e indefinita, un giovane dall’animo poetico e romantico che si innamora perdutamente di una fantomatica e sovrannaturale donna “acquatica”, figura mitica presente in numerose culture e tradizioni come ondina, sirena, lamia, vampiro, spirito acquatico, ninfa.
Pur essendo un romanzo che “va a parare” da tutt’altra parte (non spoilero!), “La dama del sudario” presenta comunque alcuni elementi che rimandano alla tradizione della belle dame sans merci, che inesorabilmente attrae a sé gli uomini in un abbraccio mortale, tòpos che fa appunto da colonna portante alle due suddette leyendas.
Il fantastico e il sovrannaturale che irrompono di notte; la Dama bellissima dall’aspetto pallido e spettrale che è legata all’acqua; i suoi occhi magnetici e indescrivibili; il fatto che solo il giovane protagonista sembra poter vedere la Donna; la presenza di un aiutante del giovane che, ben conscio del possibile pericolo, lo mette in guardia dall’incontrare tale creatura, la cui natura e i cui intenti sono sconosciuti e, molto probabilmente, diabolici; la profonda malinconia che assale il protagonista quando non può correre da Lei; la Dama che chiede se lui crede lei sia un essere magico e il di Lei invito disperato “Vieni, vieni”…
“Credi che io sia uno di quegli esseri infelici che non possono morire […] e la cui infernale missione è di distruggere, nel corpo e nell’anima, coloro da cui sono amati, fino a farli diventare come loro? […] Ma se mi ami e non hai esitazioni né timori, vieni. Vieni!” (La dama del sudario)
Protagonista: “Preferisci che dia credito a quello che mi hanno detto di te? […] Voglio sapere se mi ami; voglio sapere se posso amarti, se sei una donna…” Dama: “O un demonio…e se lo fossi? […] Vieni…vieni.” (Los ojos verdes).
Senza dubbio, i punti di divergenza tra le due leyendas e il romanzo sono più delle cose in comune, eppure nel libro di Stoker non ho potuto fare a meno di notare questi passaggi, situazioni e snodi che appunto rimandano in maniera inequivocabile ai due racconti e, più in generale, al folklore legato alla figura della “donna diabolica e seduttrice”.
Ci sarebbe molto altro da aggiungere, molti altri testi e autori da citare (Keats, Goethe, Brentano, Lamotte – Fouqué stanno facendo ciao con la manina) ma mi fermo qui.
Concludo dicendovi solamente che consiglio la lettura de “La dama del sudario” perché è una storia estremamente particolare e avvincente, ma vi esorto anche a recuperare gli splendidi e preziosi racconti della Avellaneda e di Bécquer perché meritano davvero.
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