Consigli lesti e onesti

“Il caravan” – J. Pashley

CASA EDITRICE: Carbonio Editore

ANNO DI PUBBLICAZIONE: 2020

COLLANA: Cielo stellato

PREZZO DEL CARTACEO: €16,50

PAGINE: 329

TRADUZIONE: A. Mioni

South Lake. A seguito di una tragedia, la ventitreenne Rayelle Reed vive alla giornata passando da un locale all’altro, facendosi offrire da bere e andando a letto con sconosciuti per tentare di offuscare il dolore e mettere a tacere il rumore bianco del senso di colpa. La sua esistenza – fatta di roulotte, sigarette, una madre alcolizzata e indifferente, un patrigno buono ma inetto e una cugina, Khaki, fuggita e scomparsa nel nulla – cambia radicalmente quando Rayelle si imbatte nel giornalista investigativo Couper Gale, impegnato nella ricerca di alcune donne scomparse e in viaggio attraverso il Sud degli Stati Uniti su una Gran Torino trainante un mini-caravan.

“È questo a renderlo pericoloso, nudo in una piscina dopo mezzanotte, dopo aver violato una proprietà privata, scavalcando con un salto, come un fuorilegge, il cancello chiuso del mio cuore.”

Sappiamo fin dall’inizio chi è l’assassino, a differenza di Rayelle e Couper, e le vicende di questi ultimi (alternate ai loro background) procedono parallelamente ai capitoli narrati dalla voce del serial killer. Ciò che conta non è la scoperta della sua identità, ma il quid che ha scatenato la sua follia omicida. Quello delineato da Jennifer Pashley è un femminicida che, vittima del degrado e reso pazzo da indicibili orrori, attraverso la morte elargisce “pietosamente” la libertà alle donne da un luogo tremendo dove sembra non esserci altra via di fuga.

“Se ne andò con un ragazzo che aveva la macchina e stava partendo per il college. A casa non le era rimasto più nessuno. Era solo la prima di noi che cercava di correre più veloce della sua ombra oscura.”

Il caravan è un thriller on the road diretto e incisivo, con scene disturbanti e di impatto, costituito da vite al limite, segreti inconfessabili, povertà, ignoranza, omertà, violenze domestiche, dolore, depravazioni ma anche da risoluti tentativi di rinascita e fuga da questa melma di disagio sociale.

“Magari mi avrebbe raccolto qualcuno che finalmente si sarebbe preso cura di me, mi avrebbe fatta trasferire in una città sconosciuta, o in una periferia. Che avrebbe fatto di me una vera donna. Una moglie, e di nuovo una madre.”

Le due voci che si alternano rivelano la polifonia ben orchestrata di un paese decisamente lontano dall’American dream; Pashley ci mostra un Sud degli States degradato, dimenticato, disilluso e lasciato a sé stesso, e dipinge a tinte sature aree rurali in balia dei propri conturbanti fantasmi, culle di rabbia, risentimento e frustrazioni.

Consigliato!

In collaborazione con Carbonio Editore.

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