
CASA EDITRICE: Carbonio Editore
COLLANA: Origine
ANNO DI PUBBLICAZIONE: 2020
PREZZO DEL CARTACEO: €14,50
PAGINE: 135
TRADUZIONE: A. Vanzan
Dopo I poteri delle tenebre di B. Stoker e V. Asmundsson (recensione qui) e Marie Grubbe di J. P. Jacobsen (recensione qui), ho avuto il piacere di leggere La civetta cieca di S. Hedayat, un’altra perla della splendida collana “Origine” che la Carbonio Editore sta curando in una maniera esemplare.
“Sono costretto a scrivere ogni cosa per assicurarmi di non star confondendo realtà e immaginazione.”
Quello del protagonista, un decoratore/miniaturista di astucci portapenne, è un viaggio visionario, onirico e surreale che inizia in media res, caratterizzato da un indicibile senso di claustrofobia e di angoscia e da una labirintica e soffocante tensione. L’uomo, sopraffatto e offuscato da un matrimonio disastroso, dal dolore e dall’uso smodato di oppio, perde pian piano lucidità. O magari, paradossalmente, diviene sempre più consapevole delle infinite difficoltà dell’essere umano di trovare un senso all’esistenza e di far fronte al male di vivere. È un soliloquio lungo, delirante, crudo, prosaico ma, allo stesso tempo, lirico e poetico. Sprofondiamo con il protagonista nel suo io più profondo e recondito, in un turbinio di visioni, immagini e personaggi che entrano ed escono di scena, eterei e improvvisi, come nei sogni. Qual è la realtà e qual è il delirio?
“Forse un giorno sarà possibile penetrare il segreto di questi eventi metafisici, questi riflessi dell’ombra dell’anima che si manifestano solo nel deliquio, nello stato fra morte e resurrezione, nel passaggio dal sonno alla veglia?”
E poi, chi è la civetta? È lo stesso protagonista, che si rappresenta attraverso uno dei simboli di sfortuna della tradizione persiana.
Si potrebbe tranquillamente dire che il personaggio è un alterego di Hedayat in quanto anche lui, fin da giovane, rivela pulsioni di morte e instabilità mentale. Come la stessa traduttrice Anna Vanzan ci illustra nell’introduzione, lo scrittore persiano nasce con un’indole estremamente introversa, portata alla solitudine e alla melanconia e tendente all’autodistruzione. Aristocratico di Teheran, studioso in Belgio e a Parigi, nella sua produzione letteraria l’autore riesce a far convivere tradizioni, superstizioni e atmosfere orientali e la potente nota di esistenzialismo e simbolismo à la française assorbita durante gli anni in Europa. Nonostante non condivida l’operato del dittatore Reza Shah Pahlavi (1925-1941), lo scrittore non può fare a meno di sentirsi legato alla sua terra e alle meravigliose suggestioni e credenze che il folclore di questa racchiude.
La civetta cieca è un prezioso testo che per anni ha subito censura e che ora riemerge e giunge a noi grazie alla traduzione dal persiano della Vanzan, rinomata iranista e islamologa.
Bello!
In collaborazione con Carbonio Editore.
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